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Direttiva UE sul DDA: cosa cambia?

COSA CAMBIA NELLA LEGGE?

Una remunerazione «adeguata e proporzionata» al valore economico dei diritti ceduti

La principale novità introdotta dalla direttiva UE 2019/790, recepita nella legge 633/1941 s.m.i. (LDA), riguarda la remunerazione: ora, infatti, l’art. 107 LDA stabilisce che agli autori spetta una remunerazione «adeguata e proporzionata al valore dei diritti concessi in licenza o trasferiti, nonché commisurata ai ricavi che derivano dal loro sfruttamento».

Questo significa che i compensi devono essere basati non soltanto sull’entità del lavoro (retribuibile con un anticipo forfettario), ma anche sulla partecipazione ai proventi dell’utilizzo commerciale dell’opera e delle sue eventuali elaborazioni e trasposizioni, partecipazione che può avvenire mediante royalties o altre forme di condivisone degli utili.

La legge inoltre introduce l’obbligo di trasparenza sui proventi generati dallo sfruttamento dell’opera[1], dispone la messa a punto di un meccanismo di adeguamento contrattuale[2] e prevede il diritto di revoca[3]. Questo significa che la legge obbliga gli editori a dar conto delle modalità con cui hanno sfruttato l’opera e dei risultati conseguiti, e consente di rivedere il contratto se la remunerazione concordata si rivela sproporzionatamente bassa. Inoltre, se i diritti ceduti non vengono sfruttati entro un certo periodo di tempo, la cessione può essere revocata.

Infine, la legge attribuisce all’Agcom funzioni di vigilanza e stabilisce che sia attivata, presso questa Autorità, una procedura stragiudiziale di risoluzione delle controversie[4] relative agli obblighi di trasparenza e al meccanismo di adeguamento contrattuale: ad oggi (inizio 2023) non esiste ancora un regolamento che definisca tale procedura e noi chiediamo che le associazioni di categoria siano consultate in vista della sua elaborazione. Riteniamo che tale procedura, essendo rivolta a tutelare soggetti contrattualmente deboli, debba avere le caratteristiche previste dalla direttiva UE 2013/11 per le procedure ADR destinate ai consumatori (tendenziale gratuità, rapidità, specializzazione, facilità di accesso), e vogliamo che al suo interno sia previsto un ruolo per le associazioni di categoria.

COSA CAMBIA PER I TRADUTTORI E GLI ALTRI AUTORI DEL SETTORE EDITORIALE?

Un po’ di storia, per capire meglio le intenzioni del legislatore

Le norme sui contratti e sui compensi degli autori contenute nella direttiva 790/2019 partono dalla constatazione che le prassi contrattuali dominanti in tutta l’Unione europea sono inadeguate a proteggere le figure autoriali. Anche nel settore editoriale, il “diritto d’autore” spesso è usato in modo da tutelare esclusivamente i cessionari dei diritti, mentre gli autori sono costretti a firmare contratti capestro per l’insufficiente potere contrattuale rispetto alla controparte, nel contesto di normative deboli e non al passo con i tempi.

In particolare, per quanto riguarda i traduttori – riconosciuti come autori a pieno titolo fin dalla Convenzione di Berna sulla protezione delle opere letterarie e artistiche (1886) e dall’art. 4 della legge italiana sul diritto d’autore (1941) – per oltre 80 anni alcune previsioni della legge sono state usate come “scappatoie” per eludere i suoi principi, portando all’affermazione di prassi scorrette e predatorie.

Dal 1941 infatti la LDA, nella sezione dedicata al contratto di edizione, prevede che l’autore partecipi ai proventi derivanti dall’utilizzo commerciale della propria opera, cioè che gli venga riconosciuta una percentuale sulle vendite (royalties). Tuttavia, per alcune tipologie di opere – tra cui le traduzioni e le opere delle arti figurative – il legislatore nel 1941 ha voluto dare alle parti la possibilità di derogare da questa regola, e autore e committente potevano decidere (ovvero: il committente poteva imporre) che la cessione dei diritti venisse retribuita unicamente con un compenso “a stralcio” per tutta la durata del contratto, fino a un massimo di 20 anni (un termine lunghissimo già a quei tempi, per quanto spesso imposto dagli editori ancora oggi). Con questo tipo di accordo, l’opera poteva avere anche molto successo commerciale e generare profitti stellari: a beneficiarne sarebbe stato soltanto il soggetto a cui l’autore aveva ceduto i diritti. L’unica possibilità di correggere il tiro era in fase di rinnovo del contratto, alla scadenza del periodo di cessione.

Ora invece, con le nuove regole derivanti dalla direttiva (inserite nella sezione sulle norme generali del Capo II della LDA, sulla trasmissione dei diritti di utilizzazione), il compenso “a stralcio” o forfettario è ammesso soltanto in casi residuali, ossia quando il contributo dell’autore all’opera o all’esecuzione «ha carattere meramente accessorio»: pertanto, al di fuori di quei limitatissimi casi, un contratto di cessione che preveda unicamente una retribuzione fissa a cartella è da considerarsi illegittimo, perché il compenso non può ritenersi adeguato e proporzionato al valore dei diritti ceduti.

Con l’introduzione di queste modifiche, quindi, il nostro ordinamento tutela maggiormente gli autori, la cui opera non può generare ricchezza senza che ne beneficino anche loro.

Sul piano concreto, l’autore è effettivamente tutelato nella misura in cui:

  • il suo contratto prevede un compenso che rispetta i criteri di adeguatezza e proporzionalità previsti dalla legge,
  • è al corrente dell’andamento dell’opera (per questo la legge impone l’obbligo di trasparenza sulle copie vendute e sugli utili generati tramite ogni forma di sfruttamento),
  • può negoziare una remunerazione ulteriore a quella inizialmente pattuita, qualora questa si rivelasse sproporzionatamente bassa rispetto agli utili realizzati dall’editore per l’iniquità delle pattuizioni iniziali o perché l’opera avesse un andamento migliore del previsto (infatti la legge prevede l’introduzione di un meccanismo di adeguamento contrattuale),
  • può revocare la cessione dei diritti che non vengono utilizzati entro un certo periodo (infatti la legge prevede il diritto di revoca),
  • può domandare giustizia, in modo non troppo oneroso, nei confronti di un editore che violasse la legge (infatti la legge prevede l’attivazione, da parte dell’Agcom, di una procedura stragiudiziale di risoluzione delle controversie relative agli obblighi di trasparenza e al meccanismo di adeguamento contrattuale, procedura a cui l’autore potrà ricorrere anche tramite le associazioni di categoria).

In assenza di queste condizioni, la legge, così modificata, rischia di restare lettera morta, e prassi contrattuali scorrette, se non addirittura illecite, continueranno a verificarsi quotidianamente. La responsabilità per la corretta attuazione della legge e la vigilanza sul rispetto delle nuove norme riguardano tutte le parti coinvolte, a cominciare dagli autori.

COSA CAMBIA PER ME?

Osservazioni conclusive da tenere presenti in fase di negoziazione

Affinché le nuove norme portino a contratti più equi e ad entrate maggiori per tutti i traduttori, e non soltanto per chi traduce opere che vanno bene sul mercato, in fase di negoziazione del contratto bisogna fare attenzione a non salutare il riconoscimento delle royalties da parte del committente (atte a garantire la compartecipazione ai profitti derivanti dalla cessione dei diritti) come gentile concessione, in cambio della quale accettare compensi a cartella più bassi oppure – peggio ancora – rinunciare alla negoziazione di clausole fondamentali per garantire la qualità delle nostre condizioni di lavoro.

A prescindere dalle previsioni sull’andamento commerciale dell’opera, quindi, quando si avvia una negoziazione è indispensabile tenere presente:

  • il diritto di esigere compensi a cartella dignitosi, che corrispondano all’entità del lavoro da svolgere;
  • il periodo di cessione: il massimo di 20 anni tuttora previsto dalla legge[5] è iniquo e sproporzionato in rapporto alle condizioni contrattuali e ai compensi che oggi realisticamente riusciamo a ottenere, ed è anacronistico rispetto alla velocità del mercato, viste le trasformazioni tecnologiche intercorse dal 1941;
  • l’opportunità di negoziare singolarmente la cessione dei diritti di pubblicazione (libri, albi, e-book, audiolibri, estratti, edizioni in edicola…), di rappresentazione (messa in scena, lettura in pubblico…), di trasformazione ed elaborazione (ulteriore traduzione, adattamento in opere teatrali, multimediali e videoludiche…), ecc., evitando la cessione in blocco in cambio di un unico compenso forfetario che prescinde totalmente dagli utili generati dall’opera: quest’ultima prassi è l’esatta antitesi di un compenso adeguato e proporzionato al valore dei diritti ceduti; ogni diritto ceduto deve apportare utili anche al traduttore;
  • la definizione delle modalità dell’eventuale trasferimento dei diritti a terzi, che va sempre comunicato e compensato con una remunerazione aggiuntiva, che preveda a sua volta la partecipazione ai proventi;
  • in caso di dubbio o difficoltà, c’è il servizio di consulenza contrattuale di Strade (contratti@traduttoristrade.it).

Buone negoziazioni!

La sintesi in pdf.

Note

[1] L. 633/41 art. 110-quater: i soggetti cui sono stati trasferiti i diritti «hanno l’obbligo di fornire agli autori […] con cadenza almeno semestrale, informazioni aggiornate, pertinenti e complete sullo sfruttamento delle opere e prestazioni artistiche, e la remunerazione dovuta».

[2] L. 633/41 art. 110-quinquies: gli autori «hanno diritto a una remunerazione ulteriore, adeguata ed equa, dalla parte con cui hanno stipulato un contratto per lo sfruttamento dei diritti o dai suoi aventi causa, se la remunerazione concordata si rivela sproporzionatamente bassa rispetto ai proventi originati nel tempo dallo sfruttamento delle loro opere o prestazioni artistiche».

[3] L. 633/41 art. 110-septies: «L’autore […] in caso di mancato sfruttamento può agire per la risoluzione, anche parziale, del contratto».

[4] L. 633/41 art. 110-sexies: «Per la risoluzione delle controversie aventi ad oggetto gli obblighi di trasparenza di cui all’articolo 110-quater e il meccanismo di adeguamento contrattuale di cui all’articolo 110-quinques, ciascuna delle parti può rivolgersi all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni [Agcom], che risolve la controversia nel termine di novanta giorni dalla richiesta, in conformità a quanto stabilito da apposito regolamento, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, fermo restando il diritto di adire l’autorità giudiziaria».

[5] L. 633/41 art. 122: «Il termine […] non può eccedere venti anni».

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