Pillole di contratto – Risposte/2
Il traduttore editoriale è il detentore dei diritti morali e patrimoniali sull’opera da lui creata. Quando, tramite regolare contratto, concede all’editore di pubblicare la propria opera, gli sta concedendo lo sfruttamento dei diritti:
Hanno risposto complessivamente 128 persone, come segue:
Morali e patrimoniali | 24 | 19% |
Solo morali | 3 | 2% |
Solo patrimoniali | 101 | 79% |
La risposta esatta era la numero 3.
PERCHÉ?
Perché in materia di diritto d’autore, l’ordinamento italiano considera i diritti morali – vale a dire, il diritto a essere riconosciuto come “padre” della propria opera d’ingegno, e il diritto a vederne rispettata l’integrità – per loro natura incedibili e inalienabili, cioè inseparabili dall’autore stesso, in questo caso il traduttore; il quale non può regalarli né venderli, a prescindere dalla sua stessa volontà.
Esiste quindi una distinzione netta e inequivocabile tra diritti morali e diritti patrimoniali derivanti dalla creazione di un’opera d’ingegno, distinzione per la quale l’autore della traduzione può solamente cedere all’editore, a determinate condizioni, la possibilità di pubblicarla e venderla ricavandone un guadagno: procedere cioè alla cessione dei diritti patrimoniali (o “di sfruttamento economico”).
Come vedremo nelle prossime settimane, questo concetto ha ripercussioni molto importanti a livello contrattuale.